1.2 Il periodo fascista
Il fascismo conferma in toto l'impianto legislativo del periodo precedente: sono mantenuti il controllo accentrato presso un ministero (dapprima quello dell'Interno, dal 1934 quello della Cultura Popolare nelle sue varie denominazioni) e il parere vincolante delle commissioni di revisione di primo e secondo grado. La censura mantiene un ruolo essenzialmente burocratico fino al 1934, quando la creazione della Direzione generale della cinematografia porterà a un ampliamento delle sue funzioni (in primo luogo rendendo effettivo il controllo preventivo sui copioni) ed a un irrigidimento complessivo del sistema, almeno fino all'allontanamento di Luigi Freddi dal vertice della Direzione generale nel marzo 1939. Nel frattempo, attraverso il progressivo snaturamento della loro concezione originaria, le commissioni di revisione vengono sempre più inquadrate all'interno dell'apparato dirigenziale fascista: nella pratica, il vero potere censoriale è esercitato non tanto dalle commissioni ma dai funzionari di grado superiore (i Direttori generali della cinematografia, i Ministri della Cultura Popolare e lo stesso Duce).
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R.d. 24 settembre 1923, n. 3287
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La composizione delle commissioni di revisione viene trasformata in senso rigidamente burocratico. Quella di primo grado si riduce a "singoli funzionari di prima categoria dell'Amministrazione dell'Interno appartenenti alla Direzione Generale della Pubblica Sicurezza", ma viene ripristinata un anno dopo (R.d. 18 settembre 1924, n. 1682) e conta tre membri: un funzionario di polizia, un magistrato e una madre di famiglia. In quella di secondo grado o di appello, che rimane di sette membri, l'educatore è sostituito con un professore e la "persona competente in materia artistica e letteraria" è prima eliminata e poi reintegrata.
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L'elenco delle scene da proibire riprende fedelmente quello del 1920 (a sua volta ricalcato su quello del 1914), con l'aggiunta di una sola frase sulle "scene, fatti e soggetti" che "incitino all'odio fra le varie classi sociali", tuttavia già presente nella circolare del 1913.
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È stabilita un'apposita revisione per le pellicole destinate all'esportazione: sono da vietare quelle che possano, tra l'altro, "ingenerare, all'estero, errati o dannosi apprezzamenti sul nostro paese".
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Il R.d. 6 novembre 1926, n. 1848 introduce una prima forma specifica di tutela dei minori: è consentito vietare la visione dei film ai minori di anni 16, pur senza alcuna indicazione sui motivi del possibile divieto. Un precedente si ritrova nella l. 10 dicembre 1925, n. 2277, art. 22: "La commissione a cui spetta di autorizzare gli spettacoli cinematografici deciderà a quali di essi possano assistere i fanciulli e adolescenti dell'uno e dell'altro sesso", che verrà applicata con un divieto ai minori di anni 15.
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L. 16 giugno 1927, n. 1121 Tra i parametri di valutazione di un'opera in sede di censura rientra anche la qualità artistica: un film può essere vietato quando non presenti "sufficienti requisiti di dignità artistica così nella trama del soggetto, come nella esecuzione tecnica".
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R.d. 9 aprile 1928, L. 24 giugno 1929, L. 18 giugno 1931 Aumenta progressivamente la politicizzazione delle commissioni di revisione. Sia in quelle di primo che di secondo grado, entrano rappresentanti del Partito Nazionale Fascista e dei ministeri dell'Educazione Nazionale, delle Corporazioni, delle Colonie e della Guerra (gli ultimi due competenti solo per copioni e pellicole di carattere "militare o coloniale"). La presenza di rappresentanti dell'Istituto Nazionale LUCE e dell'Ente nazionale per la cinematografia, introdotta nel 1929, dura solo due anni: la legge più restrittiva del '31 riduce di nuovo il numero dei censori abolendo anche le persone "competenti in materia artistica, letteraria e tecnica cinematografica" nominate dal Ministero dell'Educazione.
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Il R.d. 28 settembre 1934, n. 1506 trasferisce la responsabilità amministrativa della censura, non solo cinematografica, dal Ministero dell'Interno al nuovo Sottosegretariato di Stato per la Stampa e la Propaganda (trasformato un anno dopo in Ministero, rinominato nel 1937 Ministero della Cultura Popolare). Come sezione del Sottosegretariato nasce anche la Direzione generale della cinematografia, che riunisce le competenze sul cinema prima suddivise fra i vari ministeri ed è affidata a Luigi Freddi, protagonista indiscusso della politica cinematografica italiana e convinto sostenitore del rafforzamento del ruolo della censura, che d'ora in poi non si limiterà a compiti di mero controllo ma sarà anche attiva, "ispiratrice", propositiva. Tra le competenze della Direzione generale c'è infatti quella di esaminare e revisionare i soggetti dei film di produzione nazionale: comincia l'applicazione rigorosa del principio della censura preventiva, già formulato nel 1919 (1.1 L'età liberale).
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La l. 10 gennaio 1935, n. 65, conversione del decreto precedente, uniforma la composizione delle commissioni di primo grado e di appello fissando per entrambe a cinque il numero di membri: tre in rappresentanza dei ministeri dell'Interno, delle Corporazioni e della Guerra, uno del Partito Nazionale Fascista e uno dei GUF (Gruppi Universitari Fascisti), designato dal segretario del partito. Il processo di assoggettamento al potere politico è completo: gli ultimi ad essere esclusi sono il magistrato e la madre di famiglia. La presidenza spetta per legge a un funzionario del Sottosegretariato per la Stampa e la Propaganda nelle commissioni di primo grado, direttamente al Sottosegretario o per delega al Direttore generale della cinematografia in quelle di appello.
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L. 29 maggio 1939, n. 926 A seguito della conquista dell'Etiopia, si aggiunge in entrambe le commissioni di controllo un rappresentante del Ministero dell'Africa Italiana, per stabilire "quali delle pellicole, sia nazionali che estere, possono essere destinate alla proiezione nell'Africa Italiana".
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Il R.d. 30 novembre 1939 ufficializza la censura preventiva: "Chiunque intenda produrre una pellicola cinematografica destinata alla rappresentazione nel Regno o all'esportazione, dovrà ottenere, prima di iniziarne la lavorazione, il nulla osta del Ministero della Cultura Popolare. Sono esenti dal nulla osta (...) le pellicole di attualità e i documenti eseguiti dall'Istituto Nazionale LUCE".